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venerdì 5 giugno 2020

"LA RIVOLTA DELLE PULCI": IL ROMANZO, LA REALTÀ E L'OSSIMORO

di
Mario Gaudio


“Castigat, ridendo, mores” recita un antichissimo adagio latino che, a ben vedere, condensa egregiamente il significato de La rivolta delle pulci.
La fluidità delle categorie letterarie ci consente di etichettare questo scritto come un romanzo breve o, in alternativa, sotto la dicitura di racconto lungo ma, a prescindere dalla scelta formale – questione sicuramente interessante per gli addetti ai lavori, ma tediosa per il lettore comune –, il testo di Damiano Guagliardi manifesta un’armonica mistione di freschezza, cronaca, finzione e ironia.
La vicenda verte attorno all’inaugurazione della nuova sede del Consiglio Regionale della Calabria, nel territorio di Maida di Catanzaro, e si caratterizza per la presenza di personaggi variegati e complessi. Essi, fissati sulla pagina, ma vivi e palpitanti nell’azione, abbracciano curiosamente – con tratti quasi pirandelliani − una vasta fetta dei vizi e delle virtù umane, di cui è opportuno fare cenno: l’anziano e accorto consigliere Carmine Loricchio – protagonista del racconto/romanzo – incarna il prototipo del politico d’esperienza, in grado di muoversi con saggezza tra le mille insidie della vita amministrativa e di nutrire cautele e dubbi lì dove gli altri intravedono solo certezze (palese è la sua fondata preoccupazione circa la protesta dei lavoratori precari che si concretizzerà in quella pomposa circostanza); vanesio, femmineo, verboso e mellifluo è, invece, il capogabinetto Ignazio Sculli, figura comica e drammatica ad un tempo, essere intermedio tra il pavido don Abbondio di manzoniana memoria, il depravato efebo Gitone del Satyricon petroniano e il freddo e distaccato burocrate; il Presidente del Consiglio regionale Armando Pesce si configura come politico appariscente, a tratti anche dinamico, ma alle prese con la sua traballante dentiera e i curiosi muggiti legati all’eccitazione e al nervosismo; alticcio, comico e anticonvenzionale è Beppe Praticò, amico di Loricchio; figura diafana, ma gerarchicamente imponente è quella di Ermenegildo Pancrazio, Presidente della regione.
A questi, l’autore accosta una serie di avvenenti presenze femminili (la giornalista Lidia Malagrinò e le consigliere Paola Minisci e Demetrina Barillà) e il particolare personaggio di Mimmo Licordari che, sebbene assente fisicamente, aleggia di continuo − tanto nel racconto quanto nelle preoccupazioni dei politici regionali − in qualità di bizzarro leader del movimento di protesta dei precari.
Al netto delle dinamiche narrative, il testo di Guagliardi mostra addirittura tratti curiosamente “profetici”: il romanzo è stato pubblicato nel 2010 e già si accenna alla caduta di Silvio Berlusconi (che si concretizzerà nel novembre 2011), così come si imbastisce l’intera trama sull’inaugurazione – descritta in maniera particolareggiata – della nuova Cittadella regionale calabrese che, a rigor di cronaca, avverrà soltanto nel 2016. Lungi dall’attribuire queste anticipazioni storiche al caso o a qualsivoglia ispirazione divina, possiamo agevolmente giustificarle evidenziando la grande capacità di analisi e previsione maturata dall’autore durante la sua pluriennale esperienza politico-amministrativa.
Tuttavia, La rivolta delle pulci non è uno scritto asettico o un prodotto letterario condizionato negativamente dai protocolli e dalle austere liturgie di palazzo; al contrario, emergono sprazzi interessanti legati alla natura, all’erotismo e alla comicità, tre aspetti che meritano qualche approfondimento.
La rivolta delle pulci
di Damiano Guagliardi
Il paesaggio calabrese, gradevole e inconfondibile, appare tra «le acque scintillanti del fiume dei briganti» (il Savuto) riscaldate dal sole mattutino e nei centenari tronchi degli ulivi che contornano il parco della Cittadella regionale. Si tratta di una natura forte, antica, testarda e viva come l’anima delle popolazioni calabresi, colorata e ridente, quasi una sorta di contraltare al grigiore delle stanze del potere.
La componente erotica si materializza in donne seducenti e in dialoghi – reali o confinati alla dimensione dello sguardo – ammiccanti e carichi di passione, cui non si sottrae neppure l’ormai saggio settantenne Loricchio, perennemente accompagnato da borsalino e bastone.
Non bisogna tralasciare la vis comica di alcune pagine che giocano sugli effetti di fraintendimenti boccacceschi – si veda in proposito l’esilarante equivoco tra il cardinale Martirano e la bella Demetrina – o sugli sproloqui legati alla sbornia (spassose sono le declamazioni pseudopoetiche di Beppe Praticò).
La narrazione di Guagliardi ci offre, se sottoposta ad una lettura attenta, altri elementi degni di nota.
In primis, affiora una impalcatura circolare delle vicende: tutto inizia sulla strada, in viaggio, e si conclude esattamente allo stesso modo; in secundis, è da notare la struttura multilivello degli eventi, con una inaspettata quanto interessante confusione tra il piano della realtà e quello onirico, cosa che ricorda, molto da vicino, la narrazione del grande Jorge Luis Borges e del già citato Luigi Pirandello; in terzo luogo, campeggia l’istanza sociale che trova piena attuazione nella singolare forma di protesta conclusasi con la fastidiosa invasione delle pulci.
Sull’intero racconto si libra costantemente un’atmosfera di attesa: si aspetta un’azione dimostrativa da parte dei precari, si freme per l’arrivo delle alte cariche politiche per la cerimonia di inaugurazione, ci si prepara lentamente a quello che sarà il finale paradossale che investirà inaspettatamente il lettore.
Non è da tralasciare anche una finezza strutturale che connota l’opera di Guagliardi. Essa rispetta alla perfezione le tre antiche unità aristoteliche (di luogo, tempo e azione) che, sebbene elaborate per la tragedia, rendono ordinata e fluente anche la trama del romanzo in questione.
Infine, al di là di ogni finzione, fuoriesce con potenza quella che è la vera necessità dello scritto, ovvero l’esigenza storica di uniformare la sede del Consiglio e della Giunta regionale allo scopo di rendere più produttivo ed efficiente l’andamento istituzionale della nostra amata Calabria.
Damiano Guagliardi compare nel romanzo in duplice veste: quella del politico – attraverso alcuni tratti infusi al suo protagonista Carmine Loricchio – e quella dello scrittore, la cui indole, appassionata di letteratura, si cela in maniera quasi evanescente nello sfuggente nome del romanziere Jan Gramishi, il quale si materializza in una modalità apparentemente marginale − come i volti dei grandi pittori cinquecenteschi celati tra la folla dei personaggi di una loro tela − ma fondamentalmente essenziale.
Insomma, irriverente, istituzionale ma anche anticonformista (Loricchio e Praticò sono gli unici personaggi a non indossare il gessato all’interno del romanzo), visionario e realista ad un tempo, in una parola: ossimorico. Questo è il giudizio che vien fuori dalle pagine de La rivolta delle pulci, uno scritto interessante e, senza alcun dubbio, degno di essere letto.
Spixana (Spezzano Albanese), 5/VI/2019

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