di
Mario Gaudio
La storia ‒ si sa ‒ è scienza esatta e, in quanto tale,
nasce e si sviluppa attraverso ben definite metodiche di ricerca, raccolta,
analisi e interpretazione di documenti.
Per mezzo di precise operazioni lo storico compie il
miracolo della restituzione al presente di nomi, date, luoghi e fatti coraggiosamente
strappati alle grinfie del tempo e dell’oblio.
Basterebbero queste pochissime righe a raccontare il lavoro
certosino compiuto da Francesco Perri nel volume Il voto in Calabria, ma è
doveroso fornire al lettore almeno qualche indicazione sulla genesi dell’opera
e sulle sue peculiarità.
Perri è da sempre frequentatore di archivi polverosi e poco
conosciuti e con istinto e accortezza raccoglie appassionatamente informazioni
sulle vicende storiche del suo paese natale ‒ Vaccarizzo Albanese ‒, estendendo
costantemente lo sguardo oltre il campanile e leggendo i fatti del proprio
borgo in una prospettiva più ampia che abbraccia l’Arbëria, la storia calabra e
quella nazionale.
Pertanto, il suo cammino di ricerca progredisce per cerchi concentrici e il ritrovamento di documenti relativi alle tornate elettorali della piccola comunità natìa lo ha indotto ad approfondire i legami con le realtà viciniori di San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese e Santa Sofia d’Epiro.
Non pago della sua indagine, l’autore ha inteso intraprendere
un ulteriore percorso di analisi, valutando i dati elettorali dei comuni arbëreshë
appena citati alla luce dei risultati maturati nelle urne calabresi nel corso
delle varie elezioni susseguitesi in Italia.
Ne emerge un quadro estremamente interessante e variegato
con puntuali elenchi di nomi, appartenenze politiche, contrassegni, percentuali
e numeri di preferenze.
Se attentamente interpretate, le notizie relative alle
comunità albanofone poste alla destra del Crati ci raccontano di un microcosmo
inaspettatamente vivace in cui ai podestà di nomina regia del Ventennio seguono
sindaci e giunte municipali eletti dopo campagne elettorali infuocate dal punto
di vista ideologico e umano.
Scorrendo i lunghi elenchi dei candidati, affiorano i nomi
di vecchi e cocciuti idealisti, improvvisati strateghi, trasformisti d’ogni
sorta, pazienti personaggi capaci di spogliarsi delle vesti di anonimi gregari per
divenire protagonisti di primo piano delle vicende politiche.
Accanto agli uomini si delineano i fatti e, in particolar
modo, i locali apparentamenti tra democristiani e comunisti ‒ quasi
precorritori del Compromesso storico degli anni Settanta ‒ e le strane e sante
‒ si fa per dire ‒ alleanze tra esponenti del MSI e del PCI riuniti sotto un
unico simbolo.
Perri colma col suo libro una vistosa lacuna negli studi
storici d’Arbëria e con meticolosità, imparzialità e sapienza lascia che siano
i numeri a parlare, offrendoci un excursus statistico di valore che acquisisce
ancor maggiore importanza in tempi di sbiadite controfigure politiche e di
campagne elettorali divenute appannaggio esclusivo di massmediologi e
pubblicitari.
Insomma, la politica dai mille volti e dagli altrettanti
vizi popola le pagine de Il voto in Calabria, sfoggiando miserie e nobiltà
personali e sociali ma inducendo, nello stesso tempo, una sorta di rimpianto
per epoche in cui le elezioni incarnavano realmente la massima espressione
dello spirito democratico volto a decapitare definitivamente ogni pretesa
fondata sul diritto di sangue o su quello divino. Ciò rende il libro di Perri
preziosa miniera di informazioni, ma anche e soprattutto punto di riferimento
per valori ideali che il buon senso ci invita quanto prima a recuperare.
Spezzano Albanese (Spixana), 26/VIII/2022
Nessun commento:
Posta un commento