di
Mario Gaudio
Carmine Loricchio, consigliere decano della Regione
Calabria, già protagonista de La rivolta delle pulci (2010), ritorna ‒ bastone
stretto saldamente tra le mani e borsalino calcato sulla fronte ‒ nel romanzo Un
pacco nel palazzo dei poteri (2014) con una connotazione psicologica ben più
definita in grado di far apprezzare maggiormente al lettore i suoi
comportamenti astuti e strambi ad un tempo.
Questa volta, il personaggio partorito dalla felice penna di
Damiano Guagliardi si trova a dover disinnescare una pericolosa manovra
politica finalizzata all’approvazione di un bilancio falsato e alla
distribuzione iniqua di ingenti risorse economiche.
L’operazione non sarà semplice a causa di appetiti
trasversali, continui cambi di casacca e alleanze improvvisate che travalicano
i confini delle tradizionali geografie partitiche, ma accanto all’anziano
consigliere ci saranno l’inseparabile Peppe Praticò ‒ noto per la sua
esperienza e per i «sostegni alcolici» a cui è costretto a ricorrere per
vincere una naturale timidezza e la fastidiosa balbuzie di cui soffre ‒ la
giovanissima Katia Buonocore ‒ che, a discapito dell’età, mostra competenza e
determinazione ‒ e uno stuolo di collaboratori validissimi nel navigare
agilmente tra i fumosi commi ed i codicilli dei testi artatamente costruiti per
nascondere il «pacco» sino all’approvazione in aula.
Gli interessi celati dietro questa operazione politica sono
numerosi e accomunano uomini cinici e senza scrupoli le cui trame oltrepassano
i confini della Calabria e trovano sostegno tra loschi rappresentanti del
governo nazionale ed esponenti di poteri finanziari e massonici.
Il Consiglio regionale, noto per la sua «stitichezza
legislativa cronica», diviene campo di una serrata battaglia che costringe Loricchio
e compagni ad utilizzare tutte le loro abilità tattiche, strategiche e
comunicative per svelare l’insulsa recita che si sta consumando tra gli scranni
del palazzo dei poteri a discapito dei tanti calabresi onesti che si ritrovano
a protestare rumorosamente proprio davanti all’ingresso dell’edificio.
La vicenda si protrae per giorni e, tra colpi di fortuna e
geniali intuizioni, si arriva ad una inaspettata conclusione che tira in ballo
un misterioso personaggio della tradizione popolare conosciuto con il nome di
Monachicchio.
Un pacco nel palazzo dei poteri di Damiano Guagliardi |
Guagliardi, forte della sua pluridecennale esperienza
politica, si muove con abilità nella descrizione delle interminabili liturgie di
palazzo raccontando, in maniera gradevole, logiche e metodi di difficile
comprensione per i non addetti ai lavori.
Senza tema di smentita l’autore narra la spregiudicatezza di
alcuni eletti che tradiscono puntualmente il loro mandato sacrificandolo
sull’altare dell’interesse personale; delinea l’atteggiamento disinvolto con
cui essi tentano di giustificarsi dinanzi alla stampa al fine di carpire
nuovamente il consenso elettorale; dipinge l’immagine di politici pronti ad
immolare ogni coerenza e moralità attraverso squallide macchinazioni.
Figure come quelle di Luciano Pitoscio e Momo Cardinale, magistralmente
tratteggiate da Guagliardi, non possono non richiamare alla mente del lettore
appassionato l’ambizioso e scaltro don Consalvo Uzeda, spudorato deputato
protagonista de L’Imperio, nato dalla vulcanica creatività dello scrittore
Federico De Roberto; così come Carmine Loricchio, dopo aver ristabilito la
verità e tentato di riconciliare con un saggio intervento l’ormai sconvolta
aula del Consiglio regionale, rammenta molto da vicino ‒ in particolare agli
amanti del cinema ‒ il Giovanni Ernani di Viva la libertà (regia di Roberto
Andò, 2013) che, spronato dalla convinzione che «[…] l’unica alleanza possibile
è quella con la coscienza delle persone», sbalordisce l’uditorio raccontando i
mali della politica e giustificando il suo infuocato e realistico intervento
con un celebre incipit: «Io sono qui per far sì che domani non si dica: “I
tempi erano oscuri perché loro hanno taciuto”».
Le pagine di Guagliardi sono saporose e, benché impregnate
dal raffinato cognac di Peppe Praticò e dalle innumerevoli sigarette di
Domenico Marchese, profumano di realismo, palpitano di istinti vitali e
attrazioni fisiche verso procaci ed intelligenti collaboratrici, stillano
coraggio dal momento che non esitano a riportare scomode verità demolendo
l’atmosfera patinata dietro la quale, molto spesso, ama rifugiarsi la politica.
I documenti, le cene, i caffè fumanti e le interminabili
sessioni d’aula notturne ci introducono in un mondo profondamente diverso da
quello che appare durante le interviste televisive o le insopportabili manfrine
dei talk show. Guagliardi scoperchia il vaso, racconta con coraggio il lato nascosto
del potere offrendocene un ritratto da leggere con attenzione e da interpretare
tra le righe.
Del resto, anche la politica ‒ come ogni attività ‒ non ha
di per sé natura positiva o negativa: tutto dipende dalle azioni e dalle
intenzioni di chi la esercita. Tutto dipende dall’Uomo e il genere umano è
catalogabile in due forme geometriche: «[…] le sfere, che cadendo rotolano e si
incamminano in qualsiasi direzione, i cubi che quando vanno a terra si fermano
e rimangono immobili, passivi».
Spezzano Albanese (Spixana), 8/08/2020
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