di
Mario Gaudio
Scorrere le pagine del nuovo libro di Gennaro De Cicco consente
al lettore di sintonizzarsi idealmente su una vecchia frequenza (103,800 Mhz) occupata,
negli anni 1977-1984, da Radio Libera Skanderbeg (RLS), frutto di un sogno
concretizzatosi in realtà grazie alla lungimiranza di un dinamico sacerdote
bizantino, papàs Giuseppe Faraco (già fondatore della storica rivista Zjarri),
e ad un gruppo di giovani intellettuali carichi di sogni e ideali e affascinati
dall’antica e variegata cultura d’Arbëria.
L’emittente ebbe sede a San Demetrio Corone e De Cicco, tra
i principali protagonisti di quella esperienza, racconta ‒ senza abbandonarsi a
toni intimistici o a malinconie di sorta ‒ l’avventura delle trasmissioni e
l’organizzazione dei palinsesti che consentirono la progressiva evoluzione di
questo “curioso giocattolo”, trasformandolo da modesto strumento di svago a
importante riferimento socioculturale per la comunità sandemetrese, i paesi
limitrofi e l’intero bacino arbëresh della provincia di Cosenza.
Con stile asciutto e taglio giornalistico, non senza un certo
effetto vagamente diaristico, l’autore richiama alla memoria i principali
successi musicali della gloriosa epoca del vinile e del jukebox elencando
quelle che erano le canzoni più gettonate che attraversavano l’etere ed
evocando gli spazi dedicati anche a generi ‒ quali jazz, country e musica
classica ‒ che, se in un primo momento faticarono ad affermarsi, ben presto
divennero centrali nella programmazione radiofonica.
Grazie all’impegno costante dei suoi operatori, RLS assurse al ruolo di fedele compagna nelle lunghe giornate trascorse in bottega dagli artigiani, presso le famiglie e nell’immancabile barberia del paese che, come da tradizione, si prestava ad ambiente ideale per il pettegolezzo, il commento delle notizie e il confronto tra idee politiche contrapposte.
Tuttavia, l’emittente non limitò la sua attività alla sfera
musicale ma, al fine di fornire ai propri radioascoltatori un servizio sempre
più completo, mise in onda una serie di rubriche che spaziavano
dall’informazione locale e nazionale alla riflessione etico-religiosa, non
trascurando le interessanti radiocronache sportive e la valorizzazione del
ricchissimo patrimonio linguistico e canoro arbëresh attraverso momenti
dedicati alle poesie, ai proverbi, agli arguti racconti popolari, alla
grammatica e all’ascolto dei vjershe.
La temperie creatasi attorno alla graduale popolarità di
Radio Skanderbeg si tradusse in numerose iniziative ‒ serate da ballo, mostre
di pittura, convegni, presentazioni di libri, gimkane automobilistiche ‒ che
trovarono la massima espressione nella “Prima Settimana di Cultura Albanese”
(aprile 1977), a cui parteciparono l’orchestra, il coro e i cantanti
dell’Ansambli della RPSSH, e nella prima edizione del Festival della Canzone
Arbëreshe (1980), nato da un’idea dell’avvocato Giuseppe D’Amico e presentato
dallo stesso De Cicco.
Insomma, Un curioso giocattolo ripercorre un’epoca di
fermenti, tratteggiando con testimonianze accurate ‒ tra cui quella del
compianto Pino Cacozza ‒ il ritratto di una fucina di pensiero che prese corpo
in un’emittente radiofonica che ai nostri occhi, disincantati e votati ai
social e alla modernità, diventa metafora di un mondo che non è più.
L’Arbëria, ormai al tramonto, stretta tra il disinteresse
delle nuove leve, l’assottigliarsi drammatico del numero dei vecchi e
appassionati studiosi, le fameliche incursioni della politica e le congenite
tendenze alla divisione, può trovare nel libro di Gennaro De Cicco una traccia
importante e uno spunto per poter riflettere su una sopravvivenza che, benché
necessaria, non è scontata.
Spezzano Albanese (Spixana), 08/IX/ 2021
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